È morta la Regina, lunga vita alla Regina!

É stata la madre putativa del punk, una instancabile attivista, una straordinaria interprete dei suoi tempi. Una donna capace di tagliare e ricucire infilando nelle trame dei suoi abiti le storie delle band musicali più iconiche di sempre. É stata e sempre sarà la Regina Vivienne Westwood.

Nel giorno in cui il mondo della moda piange la scomparsa di Vivienne Westwood, uno dei personaggi più vitali e determinanti degli ultimi 40 anni, provare a scriverne un breve ritratto appare impresa titanica.

Almeno per me, che ho un particolare legame affettivo con il brand, da sempre simbolo di “antisistema”. Per me possedere una borsetta o un accessorio Vivienne ha significato entrare nel mondo della “moda” senza subirlo. Ma scegliendo il diverso, lo strano, il poco “popolare”. Perché non per tutti. Non tutti preferiscono, nel dubbio, esagerare. Come diceva lei. Perché una borchia è ok, ma 3 fa subito trash. Se poi sono 1000 fa immediatamente Vivienne Westwood, e no, non tutti possono comprenderla.

Vivienne nasce nel 1941, in pieno secondo conflitto mondiale, e sa benissimo cosa vuol dire rinunciare, o meglio ancora, ottimizzare. E questo modo di vedere e vivere le cose diventa parte fondante del suo modo di fare moda: pensa davvero a quello che indossi compra di meno, prenditi cura dei tuoi capi. La sua filosofia di vita precede e anticipa quello che solo oggi tutto il mondo ha imparato a riconoscere.

Tutto si crea, nulla si distrugge: soprattutto nel circolare mondo della moda, avere poco ma di qualità, prendersi cura dei propri abiti, riutilizzarli e valorizzarli con il passare del tempo è il messaggio che Vivienne ha sostenuto con vigore fino all’ultimo. Realizzando così la sua missione: fare la stilista per avere una voce, per farla sentire a più persone possibili, per cambiare il mondo. In meglio.

Vivienne Isabel Swire, questo il suo nome da nubile, capisce ben presto che i suoi sogni devono “sporcarsi” le mani: lascia l’accademia di moda e oreficeria e inizia a fare l’insegnante, continuando però a disegnare e creare gioielli che vende a Portobello Road. A soli 22 anni sposa un operaio, Derek Westwood, da cui prenderà il cognome che non abbandonerà mai più, nonostante la fine del matrimonio dopo pochi anni. 

Vivienne è stata libera anche in questo, si è sposata più volte, ha avuto figli, anche indesiderati ma cresciuti con amore, si è accompagnata ad un uomo più giovane di lei fino alla fine dei suoi giorni, ha sempre mostrato il suo corpo senza paura, giocato con le parole, tagliato e ricucito, congiunto e separato, in poche parole, vissuto.

Il suo adorato tartan l’ha resa immortale, tanto che ce n’è uno dedicato a lei, il Westwood MacAndreas. Le sue platform, iconica. Il suo pianeta con la croce un inconfondibile simbolo del suo mondo fatto di tanti elementi e di tante storie. Da quelle della musica (i Sex Pistols devono a lei i loro look) a quelle del cinema (l’abito di Carrie, ve lo ricordate vero?), fino ad arrivare a quella della nostra terra, per cui Vivienne si è da sempre battuta con intelligenza e gesti concreti.

La ricorderò così, sorniona e sensuale, rossa e candida al tempo stesso, come una vera regina del suo tempo. E ancor più cercherò di seguire il suo comandamento: “Consumatore scendi dal tapirulan della moda, discrimina, non subire”.

“Consumatore scendi dal tapirulan della moda, discrimina, non subire”.

Vivienne Westwood