Riflessioni in ordine sparso sull’estetica post Covid-19

Immaginiamo quello che verrà | Fonte foto Pinterest.it

Sono giorni che mi domando come sarà l’estetica post-coronavirus. E cosa ne sarà delle abitudini di consumo e dell’alfabeto conosciuto della moda. Delle nostre abitudini beauty, o del nostro modo di fare shopping o semplicemente della nostra propensione ad utilizzare l’abito come uno strumento per comunicare.

Riflessioni iniziate subito in questa quarantena. Una delle primissime cose che mi sono chiesta è stata: chissà cosa sta frullando nelle menti creative di designer, stilisti, sarti, per non parlare di artisti, fotografi, registi, musicisti, scrittori e tutti coloro che producono qualcosa di creativo. Chissà come reagiranno a questo periodo, di cosa parleranno le prossime canzoni, che storie racconteranno i prossimi romanzi, ma soprattutto cosa diventerà la moda?

Gli abiti avranno sempre lo stesso senso? Il piacere dell’acquisto rimarrà identico o muterà, cambierà forma per diventare altro? Cosa ne faremo della nostra bellezza dopo tutti questi giorni di clausura forzata in cui curiamo ossessivamente il fisico abituandoci a guardare allo specchio il nostro viso privo di make up?

Insomma, mi sono posta una serie di domande non proprio semplicissime, ma in questi giorni in cui i pensieri sono gli unici abitanti di questa casa che possono oltrepassare la linea di frontiera dell’Esselunga di via Solari, ho provato a cercare delle risposte. Abbozzando delle ipotesi in merito.

Moda: cosa metteremo (o cosa toglieremo) domani?

Ho acquistato e divorato il meraviglioso numero 836 di Vogue adesso in edicola. Si, quello con la copertina interamente bianca. Scelta che ho trovato super impattante, coraggiosa e al tempo stesso sincera. In un momento di frenesia totale in cui il quotidiano è filtrato da una camera, la rivista di moda per eccellenza si spoglia dell’immagine scegliendo il colore non colore per antonomasia. Simbolo di silenzio e promessa di purezza. Fra i tanti interessanti articoli presenti in questo numero, quello scritto da Angelo Flaccavento mi ha messo di fronte ad un’evidenza: la concezione secolare della moda potrebbe essere stravolta dall’impatto del Coronavirus. Impatto indiscutibilmente economico, ma non mi sento davvero in grado di disquisire di questo ora, quanto piuttosto dei cambiamenti che potrebbe determinare in fatto di stile. Di forme, di colori, di tessuti. Ma anche di scelte: le tendenze non saranno più così universali probabilmente. O meglio, non saranno più così omologanti.

Questo perchè la clausura forzata ha riportato la moda al suo grado zero: la funzione essenziale del coprire. Venendo meno un “pubblico” necessario perchè “il vestirsi, inteso come gesto insieme spontaneo e calcolato di rappresentazione di sè, abbisogna di un pubblico” scrive Flaccavento, tante cose potrebbero cambiare. Perchè siamo animali sociali la cui “identità si definisce nel rapporto con gli altri, e trova nel vestimento il più rapido ed efficace mezzo di comunicazione“.

Ma allora cosa succederà? Di sicuro non avremo le collezione per la primavera/estate prossima. E qualche dubbio inizia ad arrivare anche per l’inverno. Gli abiti è vero, non sono eterni come un pezzo di ferro che può rimanere in magazzino per mesi senza mutare, né deperibili come uno yogurt, tuttavia hanno una stagione. Potremo immaginare un freno all’acceleratore delle uscite quasi frenetiche a cui ci ha abituato la moda negli ultimi anni (il see now buy now è il figlio ingordo di questa fretta). Ma cambierà non solo la filiera, che dovrà adeguarsi alle regole di distanziamento sociale fra l’altro, ma anche la percezione del consumatore. Non so voi ma io in questi giorni non riesco ad acquistare assolutamente nulla che non sia cibo. Giro sugli e-commerce, clicco sugli alert dei “super sconti di primavera!” ma non riesco ad acquistare. E cosa ancor più strana non riesco neanche semplicemente ad aggiungere nulla alla mia wishlist. Perché non riesco a proiettarmi troppo in là né ad immaginarmi fuori casa con un abito nuovo di zecca. E’ proprio vero quello che sostiene Pietro Segra, presidente di Pinko intervistato da Vanity Fair: “senza uno stato emotivo positivo e propositivo non si acquista moda“.

Insomma difficile immaginarsi cosa succederà e cosa indosseremo nel futuro più prossimo, sicuramente menti controverse e geniali come quella di Alessandro Michele o l’istinto dell’eleganza di Pierpaolo Piccioli sapranno trovare una risposta. E noi aspetteremo con ansia di capire quali nuove parole aggiungeranno al vocabolario della moda.

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Beauty & Make up: belle in modo nuovo

Gli occhi diventeranno lo spioncino attraverso cui guardare per immaginarsi cosa c’è sotto la mascherina?

Quello di volersi sentire belli è un bisogno primario. La necessità di affermare la propria persona partendo dall’esterno per poi arrivare a qualità ben meno visibili ad occhio nudo. Eppure prestare il nostro viso a tendenze del make up, a colori che cambiano con la stagione, texture che variano in base alle occasioni d’uso sarà ancora un’abitudine. Questa quarantena ci sta insegnando non solo quanto sia importante prenderci cura di noi stessi, partendo dal fare un minimo di attività fisica per arrivare alla coccola culinaria preparandosi una torta. Ci sta insegnando a guardare con occhi diversi l’immagine che lo specchio ci restituisce ogni mattina. Un viso privo di qualsiasi orpello. Aggiustamento o potenziamento o rifinitura: io stessa ho imparato a guardarmi anche struccata senza giudicarmi.

Continuo ovviamente a sostenere con forza la centralità e l’importanza psicologica di un bel rossetto rosso stampato sulle labbra, tuttavia devo fare i conti con quello che sarà il prossimo futuro nelle occasioni sociali: la mascherina. La mascherina inevitabilmente modificherà la nostra beauty routine, anzi la sta già modificando. Pare infatti che su Amazon le vendite dei mascara siano aumentate vertiginosamente. Facile capire il perché: gli occhi acquisteranno una nuova centralità. Avete provato ad accennare un sorriso per strada e a sentire la frustrazione di non aver trasmesso qualcosa a chi vi sta difronte? Come far a capire che stai sorridendo a chi ci guarda mentre indossiamo una mascherina? Dovremo affidare tutto al linguaggio degli occhi, che si sa, sono lo specchio dell’anima. E dargli un aiutino con un make up più deciso.

Altrettanto furore, probabilmente faranno i profumi. Quanto sarà ancora più importante la fragranza che sceglieremo di portare? Quanto sarà ancora più determinante la scia olfattiva che ci porteremo dietro adesso che buona parte del nostro viso è coperto e qualsiasi avvicinamento fisico è proibito?

Accessori: occhiali e orecchini, what else?

Prolificano meme e video tutorial su come sopravvivere alla combo occhiali/mascherina. Appannamento assicurato e senso di apnea garantito. Ma ci abitueremo. Probabilmente torneremo a scegliere montature più leggere e forme più piccole rispetto alle linee over che hanno spopolato negli ultimi anni. Forme affusolate o forme squadrate, tutte rigorosamente in dimensioni ridotte. Vale anche per gli occhiali da sole ovviamente, per evitare l’effetto “rapinatore mascherato”.

E poi ci sono gli orecchini, accessorio che amo particolarmente e che ci può tornare utilissimo in questo momento, non fosse altro anche come simpatico ferma mascherina quando ci viene la tentazione di strapparcela via (almeno a me capita…). Orecchini dorati, orecchini colorati, cerchi, fiori, frutti e chi più ne ha più ne metta. Qui, al contrario degli occhiali, l’importante è che sia BIG SIZE.

Comunicazione: stampa e influencer di cosa parleranno?

Un capitolo a parte meriterebbe la domanda in relazione alla stampa di moda e al mondo degli influencer. Rimarrà tutto uguale? Non credo. E’ necessario che le riviste di settore, tutte quelle che possono essere ricondotte al tema “intrattenimento” in senso lato, si adeguino alla quotidianità, dosando con cura sogno e realtà. Per far fantasticare il proprio lettore portandolo però ad interrogarsi su quello che lo circonda. Il Coronavirus avrà un effetto indiscutibile anche per tutto il comparto creativo che c’è dietro una rivista: dal fotografo al truccatore, tutti mestieri che probabilmente non si potranno fare così come siamo abituati a immaginare, per molto tempo ancora. Con gli spostamenti limitati e la prossimità fisica vietata sarà difficile ricreare servizi fotografici per le riviste di moda. Si troverà sicuramente un’alternativa. Interessanti progetti fotografici si sono sviluppati su internet in queste settimane, come le foto a distanza di modelle o gli “autoritratti” di fotografi e artisti costretti a vivere senza assistenti.

Si dovrà continuare a parlare di cose frivole, senza dimenticare che siamo nell’anno in cui una pandemia ha stravolto la vita di tutti indistintamente. E dovranno farlo anche le influencer, che non potranno più rappresentare un modello di perfezione senza ritrovarsi a dover fare i conti con una quotidianità stravolta anche per loro oltre che per il proprio pubblico. Avremo voglia di più contenuti e di più verità. Forse anche di qualche sbavatura. Ci libereremo finalmente di modelli irraggiungibili ed obiettivamente irrealistici? Vedremo, anzi, speriamo.

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