Isolamento

Giorno “x” di isolamento. Tocca a me. Avrei evitato con un elegante “no, io no grazie”. E invece eccomi qui. Tachipirina sul comodino, pc sulle gambe, testa decisamente non sulle spalle.

Fonte Foto Pinterest.it

Piove. Alla fine piove su questi 35 gradi a Milano. Su questo isolamento da Covid. Omicron, chissà quale “versione”. Tocca a me questa volta. E piove, poco ma piove, su questo senso di colpa, sulla malinconia, sui ricordi mancati e sui voli perduti. Sulle parole di conforto, sul malessere non detto, sul caldo, sulla schiena spezzata, le caviglie doloranti e la testa pesante.

Il peggio è passato dicono. Eppure il peso sta tutto qui. Al centro del cuore. Lontano, lontanissimo dal calore di un abbraccio, da un bacio, da uno sfioramento. Piove in camera sul letto sfatto e rifatto.

Sul muso di Ivo che guarda e non capisce. O forse si.

Eppure ero preparata. Forgiata nel fuoco di 2 anni di lockdown, di lontananze di mesi e mesi. Di incognite, messaggi al TG. Racconti di chi ci è già passato, servizi giornalistici, pagine di giornale. Eppure no, non sei mica davvero pronto. Adesso. Adesso che fuori tutto si muove, vive, pulsa, suda, morde la vita. E tu invece qui, dietro una tapparella semi abbassata per frenare la ferocia del caldo. A pensare. Alle ore che scorrono lente, alle cose che ti stai lasciando indietro, a cui devi rinunciare. Alcune le recuperi. Il lavoro. Altre no, di certo sono andate, via, perse. Sacrificate a questo virus che persiste, insiste, s’insinua, non c’ha intenzione alcuna di sparire. Sembra un’influenza. Eppure non lo è. Rimane silente la paura di fare male agli altri. Di dover trattenere il fiato. Di piangere e pensare che anche quelle lacrime possono infettare qualcuno.

Credevo di essere preparata, di sapere, di poterla vivere con più leggerezza. E invece è difficile. Perchè nessuno è un’isola. E nessuno può vivere su un’isola completamente solo. Impossibile, la testa va, vaga lontana, prende quel volo perso, scatta quelle foto in cui non ci sei, tiene il braccio sulla spalla destra e pronuncia forte il nome di chi ti aspettava. E non ti ha visto arrivare.

Intanto il tempo scorre. La pioggia smette di venire giù. E c’è ancora caldo, ancora più afoso ancora più assordante.

Non resta che aspettare. E vivere, come sempre.