Scacchi, moda e bellezza: una storia femminista

Lo sguardo leggermente inquietante di Beth Harmon, la protagonista di una delle serie Netflix più amate del momento, La regina degli scacchi, fa molto. La bravissima e giovanissima interprete Anya Taylor-Joy è riuscita a calarsi perfettamente nei panni del personaggio inventato dalla penna di Walter Tevis e trasportato sul piccolo schermo in questa mini serie di 7 episodi che vale la pena vedere.

E vale la pena farlo sia per la storia che racconta, ovvero la lotta della protagonista in un mondo dominato dagli uomini in cui purtroppo storicamente ben poche sono state le donne ad essere arrivate ai vertici, sia per la fotografia perfetta di costumi e ambienti degli anni ’50 e ’60. Passando dal glamour dei bar di Parigi alle eleganti sale dei palazzi di Mosca, dal grigiore di un orfanotrofio alle vibranti street di New York, la protagonista vive una vera e propria crescita personale, attraversando momenti difficili, ma anche vittorie, tendenze e grandi cambiamenti.

Un tuffo vertiginoso nella tumultuosa vita di una bambina rimasta tragicamente orfana della mamma, abbandonata da un padre di cui ben poco si scopre e poi di una ragazzina caparbia, piena di dipendenze e insicurezze che si porterà dietro tutto la vita. L’ostinata lotta di una donna contro un maschilismo ottuso e snervante, la ribellione sessuale ed emotiva per poi giungere ad un riscatto.

Tutti momenti ben sottolineati e rappresentati anche attraverso la scelta degli abiti, ideati dalla costumista Gabriele Binder che è riuscita a realizzare un vero e proprio ritratto del glamour degli anni ‘50 e ‘60. Un tripudio di cappotti e abiti bon ton, gonne a vita altamotivi geometrici e colori pop. In occasione dell’inaugurazione della mostra virtuale “The Queen and the Crown”, dedicata ai costumi più belli de “La regina degli scacchi” e della 4° stagione di “The Crown”, la Binder ha dichiarato che buona parte del suo lavoro si è concentrato sui colori. Il verde, rappresentativo della fragilità e della forza della protagonista: di questo colore è il vestitino sgualcito che indossa quando arriva in orfanotrofio, ma anche quello della prima vittoria ad una competizione ufficiale. Il rosso, come il colore dei sui capelli o delle sue labbra nelle sequenze finali. E il Nero, come i tubini bon ton con colletto bianco (MiuMiu lo ha riportato in auge).

Gli abiti più belli, la loro storia e tantissime curiosità legate alle serie tv per una mostra virtuale decisamente da “visitare”. Manca la chicca di The Crown, che ha fatto letteralmente impazzire tutti con il Barbour. Che prima o poi, c’è da scommetterlo, tornerà nelle foto di street style più glamour

Fra gli abiti protagonisti dell’esposizione virtuale, l’abito trapezio ispirato alle linee di Pierre Cardin, ma anche il completo casual con maglia morbida e pantalone a sigaretta che la protagonista indossa nel tempo libero, nella fase più matura. O il “celebre” cappotto bianco del finale, a rappresentare l’unica vera regina bianca degli scacchi del mondo, passando anche attraverso il tubino rosso a balze indossato da Beth durante una folle serata in un bar parigino.

Iconici non sono solo gli abiti, ma anche hair style e make up. Su Youtube si sprecano i tutorial per replicarli! La tonalità di rosso dei capelli di Beth sarà probabilmente la più richiesta questo inverno. Più coraggio ci vuole per imitare il caschetto in pieno stile anni ’60 con tanto di punte phonate verso l’alto. Divertenti le sequenze in cui Beth si muove in casa sua, mettendo in evidenza anche oggetti dell’epoca. Una donna alla moda che guarda sulle riviste come farsi la piega, che va a fare shopping nei migliori negozi e che ha un’invidiabile collezione di make up.

Un trucco tendenzialmente neutro, a dominare sono il colore intenso dei capelli e il chiarore della pelle. Ma in momenti clou il make up trasmette il disagio della protagonista, la sua voglia di aderire alle tendenze più “estreme dell’epoca”, come quando ingrandisce gli occhi con l’utilizzo smodato dell’eyeliner, o la sua voglia di affermarsi, come quando nel finale il rossetto si fa finalmente rosso.

Altra chicca della serie sicuramente la fotografia, firmata da Steven Meizler, che è riuscito a trasformare ogni scena in un quadro affascinante e pieno di suggestioni. Un trionfo di carte da parati, merletti, quadretti e ninnoli vari che ci trasportano direttamente in quegli anni. Gli interni sono rappresentati con cura e sono tutti incredibilmente meravigliosi. Compresi gli spazi angusti e bui dell’orfanotrofio, sostituiti ben presto dai colori forti dei bar di Parigi o delle hall di eleganti hotel russi.

Insomma, se ancora non avete visto questa serie, avete adesso qualche motivo in più per farlo, oltre che appassionarvi a questo gioco che pare stia vivendo una seconda giovinezza grazie all’ennesima produzione top di Netflix, ça va sans dire.