Il maschilismo, moderno

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Il nuovo rosso mestruazioni di Pantone

Passato qualche giorno direi che ormai i tempi sono fecondi (termine messo qui non a caso) per poter parlare di un argomento che mi sta molto cuore, l’emancipazione femminile e il sessismo diffuso in questa società, in questo periodo storico, forse più che in altri.

Questa riflessione viene fuori dopo una serie di articoli letti, discussioni tenute, opinioni raccolte, circa un fatto che ha popolato un po’ le cronache di Facebook qualche settimana fa. La vicenda accaduta nel liceo classico Socrate di Roma, dove la Preside ha invitato (e intimato) un’alunna portatrice sana di minigonna, a evitare determinati abbigliamenti perché a qualche professore poteva cadere l’occhio.

Come prima cosa mi sono sentita di condannare la Preside per l’infelice uscita che emana sessismo/maschilismo da tutti i pori e mi sono prontamente scagliata contro tutte le utenti (donne!!) del celebre social che appellavano le ragazzine come puxxanelle. E poi mi sono chiesta ma siamo davvero (ancora) a questo punto?

Premesso che sono tendenzialmente d’accordo al dress code adeguato ai luoghi nel rispetto delle Istituzioni che i luoghi rappresentano, trovo raccapricciante quanto è stato detto. 

Esiste però un fatto ineludibile. Una ragazzina di 14/15 anni che si veste in un certo modo (qualunque esso sia) probabilmente lo fa più per soddisfare la sua esigenza di appartenenza a qualcosa. Io per esempio portavo larghi maglioni di mio padre, pantaloni con i tasconi, e la Kefiah non perché pensassi di star bene vestita così ma perché sentivo forte il bisogno di gridare al mondo la mia appartenza politica, le mie idee o ideali. Perché volevo riballarmi ad un certo stereotipo di bellezza femminile con convinzione e non volevo che questa mia ribellione passasse inosservata. Ho imparato molti anni dopo che mortificare la propria femminilità non è necessariamente l’unica strada percorribile per affermare chi sei e cosa pensi, ma ci si sono voluti maturità, esperienza, capacità di difesa e rughe prima di togliermi gli anfibi portati rigorosamente e rumorosamente senza lacci, of course! 

Posso dall’alto di un buonismo che raramente posseggo, provare ad assolvere la Preside immaginando che il suo commento non fosse maschilista/sessista ma magari un consiglio da mamma. Tutte noi siamo figlie di un certo retaggio culturale e dell’ansia delle nostre mamme che, seppur spronandoci a studiare per costruirci un’indipendenza dagli uomini, ci hanno – obbedendo a una sorta di strana legge della compensazione – sempre invitate a non vestirci in un certo modo per non essere particolarmente appariscenti (nell’abito e ne monaco diciamo!) soprattutto se in giro da sole. Consigli dettati sicuramente dalla paura di pregiudizi e cattive interpretazioni ma anche di tutto quello che può provocare in un maschio la vista di una paio di gambe che spuntano da una minigonna, o di una paio di tette da una scollatura.  

Sempre però ribadendo il sacrosanto diritto di una donna a vestirsi come vuole. Le altre però che mai sia ti succede qualcosa!

Il punto però su cui bisognerebbe concentrarsi è che se un uomo, professore investito dell’autorirà che in quel momento ricopre, di 40/50 anni guarda e fa pensieri strani (cit. Vasco) sulle gambe di una ragazzina di 14 anni, quell’uomo è un PORCO e basta! Se un professionista o sedicente tale, fa un commento sull’abbigliamento di una sua collega, è un PORCO e basta! Se qualcuno si sente in diritto di sfogare i propri impulsi sessuali sulla prima malcapitata di turno è un PORCO CRIMINALE e basta, e ancora se un uomo compie ogni forma di violenza su una donna è un PORCO e basta (termine qui usato anche come sinonimo di stronzo, paranoico, ossessivo compulsivo, maschilista, pazzo, criminale ecc ecc.)

Il maschilismo è in tutto, anche in chi pensa di esserne fuori, di essere E-MAN-CI-PA-TO/A. Commenti agghiaccianti sono stati scritti sotto il caso di quell’uomo (padre) che ha ucciso il figlio di 11 anni per vendicarsi di una moglie crudele che non è stata capace di accudirlo. Cattiverie irripetibili nei confronti delle due povere ragazzine straniere violentate a Pisticci, stupidaggini persino sotto la foto di copertina di Vanity Fair con Vanessa Incontrada! 

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Nessuno mi può giudicare, la chiacchierata copertina di Vanity Fair con Vanessa Incontrada

Bisognerebbe in qualche modo scardinare quella mentalità insita nella testa di tanti uomini e troppe donne. Insegnare che no non è giusto dire e usare espressioni volgari riferite a una donna, che non è divertente fare batture sulle parti fisiche di altre donne e che anzi non è divertente pensarle, che non sono accettabili scherzi goliardici a sfondo sessuale, che non è giusto insegnare a tua figlia che è meglio non mettersi la minigonna senza dire a tuo figlio che le donne con o senza minigonna scelgono da sole con chi andare a letto.  Che non è giusto che ogni sfumatura di cattivo umore sia imputata al ciclo mestruale, che le donne siano tutte sempre chiamate a cucinare la cena anche dopo una giornata di lavoro – da casa o meno – indipendentemente che ne abbiamo voglia, che non è giusto lasciare i panni sporchi a terra quando c’è una cesta appositamente adibita, che la spesa, le lavatrici, l’ordine in casa, la spremuta al figlio malato NON SONO compiti femminili. Che anche tutto questo è maschilismo ed è sessismo ed è tremendamente raccapricciante. Ed è ovunque ancora, troppo presente.