Tolo Tolo: recensione e significato del film (secondo me)

Certo, chi si aspettava di ridere dal primo minuto ascoltando frasi come: “E tu Checco che vuoi fare da grande?” risposta: “Il posto fisso” o di avere le lacrime agli occhi per battute su omosessuali, terroristi e sindacalisti è rimasto inevitabilmente deluso da Tolo Tolo il nuovo film di Checco Zalone.

L’uomo che è riuscito a far diventare un nome proprio quello che per tutti noi pugliesi è sempre stato un insulto.

Ma Tolo Tolo è un film assolutamente geniale. Meno divertente degli standard a cui Checco ci ha abituati, certo, ma non per questo brutto. Ricco di riferimenti all’attualità.

E un film che parla di noi italiani troppo intenti a crogiolarci in problemi dalla media gravità tanto da non vedere tutto quello che ci accade intorno. Lo sfigato del paese che per una corruttibile fortuna diventa Ministro degli Esteri (e poi Presidente del Consiglio) incapace di coniugare i verbi correttamente e che dice “omologi” anziché “omologhi”. L’uomo bianco che seppur assediato dai bombardamenti dell’Isis dice al suo amico africano “tu non sai cos’è la vera guerra”, pensando alle tasse da pagare in Italia. Come se la sopravvivenza di noi dipendenti, il cui stipendio lordo è una cifra da capogiro ma quello netto ci permette a stento di arrivare a fine mese, o la sopravvivenza di liberi professionisti, sicuramente messi in difficoltà dal loro stesso Paese, fossero problemi paragonabili alla necessità di scappare dalla guerra, dagli stupri usati come arma o bottino, della voglia di provare a garantire ai propri figli un futuro migliore. (Tutto racchiuso nella frase più gettonata del 2019 “Prima gli italiani”).

Tolo Tolo è ancora il disegno di un bambino che si perde in mare durante il “grande viaggio” . La cicogna un po’ stronza che decide di portare un bambino in Africa condannandolo a un futuro fatto di stenti e di odio, anziché nella rispettabile e funzionante Norvegia.

Il disegno di un’Italia gretta, ignorante, irrimediabilmente fascista e compiaciuta di esserlo, incapace di capire che non siamo migliori o peggiori di altri, solo più fortunati, e che essere “donna, italiana e cristiana” non sono meriti ma solo casualità.

Paragonarlo a La Vita è Bella non è stato poi così azzardato. Parlare di un argomento forte in maniera leggera era un’impresa in cui solo Zalone (all’anagrafe Luca Medici) poteva riuscire. Certo Benigni ha avuto più fortuna, perché il suo di argomento è una cosa di cui tutti possiamo indignarci perché non ci appartiene, nello schifo raccontato da Checco ci siamo TUTTI dentro fino al collo, siamo tutti complici, anche se ci piace pensare che non sia così.

Per capirlo e riderne e piangere è necessario avere una media conoscenza degli argomenti di attualità, capire che quel film parla “di noi” e non “di loro”. Che parla di accoglienza e non di razzismo, di amore e non di egoismo.

Bisogna accettare che Checco Zalone non è un comico, è un genio, che è sempre riuscito a farci ridere di argomenti scottanti, ma anche che fa parte della maturità di un artista evolversi e cambiare. Far riflettere oltre che divertire, far ridere oltre che deridere.

Se siete fra chi, uscendo dal cinema, ha detto che Zalone ha fatto flop, che questo film non è come gli altri, che non ne vale la pena vederlo, allora permettetemi di dire che non capite nulla di attualità, di umanità, di satira e manco di cinema!