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Bari – Milano: solo andata

Fonte foto | mcveja

Senza sapere quando, andata senza ritornooo“. Credo sia questo il motivetto scemo di una canzone leggera che mi frulla nella testa. Ecco è iniziato tutto così da un viaggio scemo, fatto senza pensarci troppo, con leggerezza appunto!

Quando ho lasciato la mia terra, la Puglia, non sapevo se e cosa stessi cercando o inseguendo. L’amore forse, per quanto di amore si possa parlare a poco di più di 20 anni.

Mi sembrava normale: io figlia di una figlia che anni prima era andata via, riproponevo il modello che mi aveva accompagnata ed educata fino ad allora. Senza pensare al dolore che negli anni avevo visto negli occhi di mia madre ma che non avevo mai riconosciuto.

Una cosa ricordo della me stessa bambina tutte le volte che le estati o le feste di Natale, o di Pasqua o qualunque altra ricorrenza finiva e io mi ritrovavo in macchina a piangere perché lasciavo i nonni e la Calabria, terra d’origine. Pensavo alla fortuna dei miei amichetti che non dovevano separarsi da una casa che sentivano loro, da una famiglia che non c’era mai, dai nonni che erano una certezza lontana la cui presenza non mi bastava mai. Pensavo che non avrei mai costretto i miei figli a subire questo. Pensavo allora… poi forse me ne sono dimentica…

Sono andata via sì ma con la promessa che sarei tornata. Eppure ricordo il momento in cui ho impacchettato poche cose che “vabbè tanto torno presto mica mi serve tutto“, non ero felice come una che sta andando incontro alla propria vita. Ero triste come una a cui stanno portando via qualcosa e inerme osserva. Lui, l’amore, di là che fumava e si preoccupava solo che io lo seguissi perché non voleva perdermi. Certo. Egoista. Ora lo so. Innamorato, pensavo allora.

Una cosa la ricordo più di tutte e, più di tutte mi spezza il cuore: mio padre che mi accompagnava al treno, in treno, perché i miei ulivi volevo guardarli fino all’ultimo uno per uno. E ricordo anche mia madre, che a quel treno non è venuta perché “tanto che vengo a fare“. Allora non avevo idea che fosse rimasta a casa a guardare quel nido ormai vuoto. Lo capisco solo ora che lei mi accompagna sempre insieme a mio padre, ora che nonostante il dolore, ha capito che le cose sono andate così! E ricordo gli occhi lucidi di mio padre che guardavo dal finestrino del treno mentre mi sorrideva perché sapeva di dovermi accompagnare col sorriso sulla strada della MIA VITA.

E ora che qui a Milano ho la mia vita, la mia famiglia, e no… non con quello egoista, mi chiedo perché? Perché non ho capito quanto male potesse fare stare lontana dagli affetti, perché non ho ascoltato quella sensazione di dolore in fondo all’anima che mi suggeriva che non sarei tornata e che NO non sarei dovuta andare via. Perché non mi sono ascoltata, perché ho pensato di fare la cosa giusta rinunciando ai pranzi della domenica a casa dei miei, perché come è spesso accaduto negli anni successivi, ho ascoltato solo le richieste degli altri e non le mie.

Ho mille rimpianti e il rimorso di non aver capito che tutti quei miei “IO ME NE DEVO ANDARE DA QUI” urlati, erano come delle coltellate per mio padre e mia madre.

Quella madre di cui ora oltre alla somiglianza fisica custodisco anche la nostalgia negli occhi.

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